Presentazione

I Disturbi della Condotta Alimentare (DCA) hanno coinvolto, in questi ultimi decenni, un ampio ambito del sapere medico, psichiatrico e psicologico dando origine a molti modelli di cura e realtà istituzionali che si sono configurati come importanti centri di elaborazione di questo sapere. La diversificata e pluralità delle esperienze istituzionali in campo pone più che mai la necessità di promuovere momenti di confronto e di dibattito collettivo sulle diverse metodologie di approccio adottate, con lo scopo di definirne almeno i termini comuni. Nasce quindi l’idea del convegno come luogo dialettico, di condivisione e confronto delle varie esperienze ed approcci terapeutici.

Pur nella consapevolezza che i vari centri che si occupano di DCA abbiano nelle loro radici, così come nelle procedure operative giornaliere, chiari riferimenti a modelli teorici specifici, abbiamo pensato di focalizzare la nostra riflessione sui vissuti e sui comportamenti che gli operatori dei vari servizi mettono in atto nelle proprie prassi di cura.

In questo senso abbiamo privilegiato un approccio che, molto amato nel contesto della filosofia della scienza, tende a mettere il fuoco non solo sulle teorie, ma soprattutto sui comportamenti che gli scienziati e i ricercatori mettono in essere a partire dalle metafore ispiratrici la propria prassi.

Abbiamo pertanto sviluppato una ricerca ponendo al centro il vissuto degli operatori rispetto al DCA, al contesto istituzionale preposto alla cura (sia esso ambulatorio, centro diurno o day hospital o centro residenziale) al contesto sociale di riferimento (famiglia, scuola, microsocietà di appartenenza) e rispetto alle relazioni tra i contesti di vita e il disturbo stesso.

Si è trattato quindi di una riflessione sull’esperienza di vita degli operatori nella realtà del tutto particolare ed specifica, in cui, gran parte di essi, hanno scelto di operare.

L’interesse era di raccogliere l’immagine di come l’operatore in un contesto terapeutico cosi speciale riesca ad organizzare la propria prassi di cura all’interno della relazione con i pazienti e relative famiglie, con la realtà sociale esterna e tra gli operatori dell’equipe nell’intento di costruire i progetti terapeutici individuali.

L’emergere di tali profili esistenziali evidenziati nelle realtà istituzionali operanti sui DCA offrono suggestive chiavi di lettura in termini di comprensione e di prassi terapeutiche appartenenti ad altre aree di intervento psichiatrico-psicologiche (disturbi di personalità, dipendenze ecc…).

Va detto quanto questi temi vadano ad impattare sul tema delle criticità presenti nei giovani, configurando l’adolescenza stessa come momento cruciale nel quale si gioca in modo ineludibile la complessa partita dei processi di soggettivazione e quindi di definizione della propria identità in relazione con l’altro e il mondo.

Da ciò l’implicazione in questo percorso non solo di operatori di area sanitaria (medico-psicologica) ma anche di operatori coinvolti in tutti i processi evolutivi (scuola, famiglia ecc…) facenti parte del tessuto sociale all’interno del quale l’adolescente si gioca la possibilità di costruire il proprio sé.

Nell’ultima sessione i clinici a confronto, anche partendo dalle suggestioni provenienti dalle relazioni e dalle tavole rotonde attinenti ai vissuti esistenziali degli operatori, svilupperanno riflessioni e proposte su quelli che sono, ma soprattutto potrebbero essere nuovi luoghi di cura per i DCA.

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